Cerasuolo d’Abruzzo, specchio di un territorio e della sua gente

Nè Montepulciano, nè Trebbiano; se parliamo d’Abruzzo vince "Lu Cirasciòle". Il rosato per eccellenza del centro Italia, raccontato dalla bella e competente Chiara Cecamore

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Riceviamo e pubblichiamo una bella testimonianza dal mondo enologico abruzzese. Carica di pathos e di entusiasmo, velata da una leggera nota di nostalgia, quella di Chiara è una appassionata dedica alla sua regione… e al suo vino. Una dedica che arriva mentre lei, pescarese di Penne, si trova a fare da spola fra la sua terra d’origine e Milano, dove vive ora per lavoro. Chiara è anche membro dell’associazione nazionale Donne del Vino, per la regione Abruzzo, è sommelier di livello 2 e ci racconta oggi il suo rosato, il Cerasuolo. 

Rosato autoctono per eccellenza dal colore rosso chiaro, quasi come il rosato della ciliegia, la cerasa, appunto, quando si avvia a maturazione. Mi piace definirlo come un blend del territorio: delicato come la brezza del mare, passando per morbide colline ma allo stesso tempo con una forte struttura come le montagne che fanno da sfondo.

Un blend di paesaggi ma non di uvaggio, in molti pensano che il Cerasuolo sia un vitigno ma in realtà qui si parla di Montepulciano d’Abruzzo in purezza vinificato in bianco, ovvero, le bucce fanno solo un breve contatto con il vino, giusto quel poco per regalare quella tonalità inconfondibile e dal carattere forte e gentile.

“Questo è il mio preferito, il rosato! Perché sta bene con tutto, con la carne e con il pesce.” Mi raccontava fiero zio Zopito quando scorrazzavo tra i filari e finivo sempre con un giro in cantina tra le botti di rovere, che fosse estate, che fosse inverno ma sempre accompagnata da quell’odore di cantina misto a legno e mosto che per me suona come casa, qualcosa di bello, caldo e amorevole.

Ho portato sempre con me queste memorie, fino a quando son cresciuta e la frenesia del mondo degli adulti ha preso il sopravvento, dimenticandole chiuse dentro una cassetta. Con gli anni mi son trovata a viaggiare molto, conoscere nuove realtà che mi hanno sempre stimolata a far ricerche sulla bellezza dei singoli luoghi eppure sentivo mancasse  un pezzo, qualcosa che legasse tutti i puntini; ho impiegato tempo ma alla fine son tornata lì, davanti a quella cassetta impolverata. L’ho riaperta e mi sono accorta che la chiave di tutto l’avevo sempre avuta come me.

Saranno i ricordi a legarmi molto a lu Cirasciòle ma quel profumo di pane in cassetta è come una spremuta della mia terra che ho raccontato con amore e nostalgia in tutti gli anni passati a Milano. Prendetemi per pazza ma ho tanti amici che si sono innamorati della mia bella regione ancora prima di esserci stati.

Chiara Cecamore

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