Gianfelice Imparato inaugura l’AperiTeatro a la Buvette

Pilastro indiscusso del teatro europeo, Imparato ha sicuramente raggiunto il grande pubblico grazie al cinema e alla televisione con personaggi come Pisanelli de "I bastardo di Pizzofalcone", il pretore Rosone in "Fortapàsc" e il vile Don Ciro in Gomorra.

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Intervista a cura di Costanza Martina Vitale

Inizia l’intervista con un mezzo bitter Campari, Gianfelice Imparato, ospite a La Buvette per l’inaugurazione del format AperiTeatro, l’aperitivo di scena prima degli spettacoli teatrali. un uomo di spessore, disponibile, che ha saputo raccontarsi al pubblico con estrema umiltà.

48 anni di carriera compiuti ad Aprile, una vita di teatro prima e poi anche di cinema e di televisione, Gianfelice Imparato ha iniziato con nomi immensi del teatro come Eduardo De Filippo, del quale ricorda un insegnamento indelebile: <All’inizio mi trovai scritturato dal maesto per una “carrettella” (l’uscita di scena per strappare l’applauso del pubbico n.d.r.). Alla prima andò tutto secondo copione: all’uscita di scena, il pubblico rise e applaudì. Alla seconda andò diversamente e la carrettella non sortì l’effetto sperato. Il “Direttore”, come noi in compagnia chiamavano De Filippo, si avvicinò e dando del “voi”, come usava fare con gli attori della sua compagnia, disse: “Lo sapete perché il pubblico non ha riso? Perché voi ve lo aspettavate”. Questo è stato il più grande lascito per me: un insegnamento che non è semplice da imparare e su cui ancora oggi lavoro e rifletto quando vado in scena>.

Pilastro indiscusso del teatro europeo, Imparato ha sicuramente raggiunto il grande pubblico grazie al cinema e alla televisione con personaggi come Pisanelli de “I bastardo di Pizzofalcone”, il pretore Rosone in “Fortapàsc” e il vile Don Ciro in Gomorra. <Il cinema? Ti consente di arrivare a milioni di persone in un’unica volta: per fare gli stessi numeri dovrei riempire un teatro di mille persone per vent’anni con lo stesso spettacolo. Il teatro ha dalla sua però la possibilità di andare nel profondo, cogliere le sfumature di un personaggio anche dopo anni dalla sua prima messa in scena>. Imparato racconta dei suoi alter ego teatrali e cinematografici come di un’opportunità per vivere la vita di riflesso, <come Perseo che guardava la Medusa attraverso uno specchio per non esserne pietrificato. In questo modo possiamo indagare le parti più remote di noi senza farci troppo male, anche quelle più oscure che non vorremmo vedere o ammettere, ma che pure ci sono>.

Tra gli aneddoti più sconvolgenti del film Fortapàsc non potrà mai dimenticare il ritrovamento della Citroen Mehari di Giancarlo Siani:<Cercavamo una Mehari simile a quella di Siani per girare le riprese e rispose all’appello un meccanico siciliano. L’auto non aveva lo stesso colore verde mela di quella di Sini ma era identica. Scoprimmo poi che si trattava esattamente della stessa autovettura nella quale venne ucciso>.

E infine su “La Felicità”, la piéce teatrale portata in scena al Teatro Tasso di Sorrento con Alessandra D’ambrosio di cui imparato è regista e attore protagonista, racconta: <Ho scoperto questo testo del regista tunisino Eric D’assous e il giorno dopo ho fatto il bonifico per comprarne i diritti. La felicità dopo gli “anta” in una relazione di coppia io l’ho immaginata come un confronto sul ring, con i due amanti agli angoli, dove nessuno vince veramente se si continua a fare a botte. Come diremmo a Napoli: la felicità è quando non cerchi di avere ragione, ma di stare quieto>.

 

ph. Alfonso Romano

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