Cammini a Sud, molto più che dei semplici itinerari

Antonio Corvino presenta a Sant'Agnello i suoi percorsi di ricerca: un viaggio culturale, spirituale e antropologico attraverso luoghi segnati dalla storia e da radici comuni alle genti del Mezzogiorno

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Il suggestivo borgo storico del rione Angri (Sant’Agnello) ha accolto ieri sera la presentazione del libro di Antonio Corvino dal titolo Cammini a Sud. Sentieri, tratturi, storie, leggende, genti e popoli del Mezzogiorno (Giannini editore). Un affascinante viaggio attraverso la memoria, le bellezze e le stratificazioni culturali dei luoghi, nell’ambito della rassegna letteraria del Comune di Sant’Agnello, “Estate tra le righe”.

Con l’autore, immerso in un lungo tour di presentazione del suo volume in giro per varie località del meridione, il sindaco dott. Antonino Coppola, la moderatrice Maddalena Ferraro e la giornalista Azzurra Filosa (portavoce del Comune di Sant’Agnello).

I cinque cammini descritti da Antonio Corvino – economista di origini pugliesi e recentemente dedito alla scrittura narrativa – spaziano fra le regioni Campania, Basilicata, Molise e Puglia. Terre di Osci e di Sanniti, di Lucani e di Greci, che rivivono grazie all’intreccio di esperienze vissute dal medesimo autore fra l’agosto 2019 e l’agosto 2022. Mesi estivi per la maggior parte, quelli in cui sono stati portati a termine i cammini descritti all’interno del libro. Tali dunque da rendere a volte ancora più faticosa e impervia la via dell’osservatore.

Già, perchè di questo si tratta principalmente nel testo: non tanto di una guida per turisti appassionati di trekking e sentieri, quanto piuttosto di un viaggio ricerca dai risvolti spesso intimistici – e se vogliamo anche meridionalistici. L’incontro con persone, usanze, tradizioni e culture del Sud Italia ormai sopite dal passare dei secoli fa da filo conduttore del racconto – a tratti anche un po’ romanzato – di questi cinque singolari itinerari compiuti talvolta in condizioni davvero difficili e attraverso territori inospitali.

Ne è l’esempio la narrazione del cammino garganico, nel primo capitolo del libro, in cui la traversata a piedi della sterminata pianura del Tavoliere, nella Daunia pugliese, senza ombra nè vegetazione alcuna, culmina appunto nella vista del promontorio del Gargano.

Un vero e proprio monolite dalla forma inusuale, adagiato fra la piana foggiana e l’Adriatico e scenario dei suggestivi paesaggi meta di turismo balneare della costa pugliese a nord di Bari. Ma al contempo, un luogo dove è molto facile perdersi, attraversando la Foresta Umbra, fino a compiere l’ultimo passo del Cammino Micaelico, ossia l’arrivo al Santuario di San Michele Arcangelo nel comune garganico di Monte Sant’Angelo (FG).

Sono vari gli episodi accennati da Corvino nel corso della sua presentazione. La storia del Mezzogiorno, dal periodo post-unitario al dopoguerra, si incrocia con le storie delle genti che tuttora abitano nei luoghi visitati. Il cammino dei Briganti e quello degli Anarchici, fra Basilicata, Campania e Molise, ne sono l’esempio calzante.

Come per il Gargano, anche il racconto del Matese è intriso di suggestioni non solo storiche e geomorfologiche ma anche di una sottile vena malinconica dell’autore. Specialmente per la mancata valorizzazione di località cariche di fascino, ma colpevolmente abbandonate dalle istituzioni e non tanto ambite dai flussi turistici attuali.

La dicotomia fra aree interne e costiere si acuisce nelle pagine di questo racconto-romanzo in cui l’autore narra di incontri con popolazioni e realtà dove è ancora viva la memoria di fatti storici difficili da cancellare: è questa ad esempio la vicenda legata al brigantaggio di fine ‘800 ed alle stragi di Casalduni e Pontelandolfo, nel Sannio, come rappresaglia dell’esercito piemontese.

Il contatto con l’autenticità di storie e persone viene posto dall’autore come un modo innovativo di vivere determinati luoghi del Mezzogiorno e rilanciarne per quanto possibile l’economia. Riscoperta, analisi critica e senso di appartenenza si fondono nelle pagine del libro, evidenziando indirettamente anche la pochezza di sporadiche politiche di lotta allo spopolamento dei borghi rurali delle cosiddette “terre di mezzo” – quali la vendita di case a 1 euro o la creazione di alberghi diffusi.

Un sentimento di sconforto emerge davanti alla visita di paesi-fantasma (come Apice vecchia nel beneventano), poco o male valorizzati, cui spesso fa da contraltare il nuovo tessuto urbano totalmente agli antipodi con la bellezza armonica dei vecchi borghi abbandonati.

Lo stesso senso di angoscia, mista a stupore e rassegnazione, è emerso dalla testimonianza della giornalista Azzurra Filosa nel corso della presentazione di ieri, a proposito dell’esperienza del cosiddetto “Cammino delle Terre Mutate”. L’itinerario che va da Fabriano fino a L’Aquila, attraversando il cuore dell’Italia appenninica flagellato da più eventi sismici, è qualcosa che colpisce il camminatore nell’imbattersi in paesaggi spettrali e luoghi dove regnano ancora macerie e distruzione.

Il racconto di Antonio Corvino, naturalmente, non poteva che terminare con l’itinerario di casa – essendo lui un sorrentino di adozione per motivi professionali e di studio. Al Sentiero degli Dei è dedicato il capitolo conclusivo dell’opera, che accentua la natura mitologica e ancestrale della via leggendaria creata dalle divinità dell’Olimpo per indicare ad Ulisse la strada della salvezza dal canto ingannevole delle Sirene. Un percorso che è una vera e propria immersione nella bellezza, da Agerola a Positano, sospesi a centinaia di metri di altezza rispetto a quella che è divenuta ormai la culla dell’overtourism e che, pertanto, si contrappone al turismo lento della sentieristica, anzi… dei cammini.

 

 

 

 

 

 

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